giovedì 4 aprile 2013

Elogio della settimana lavorativa


La sveglia delle sette meno un quarto. L'insistente bip-bip-bip che nel silenzio del mattino prende quasi vita tanto da assumere le sembianze di un vero trapano perforante. L'utilissima funzione dello snooze a ravvicinata distanza di cinque minuti che dopo mezz'ora di tenace ostinazione vorrebbe probabilmente dire "le volemo arzà o no 'ste chiappe??" Ma pare mordersi le labbra e imperterrito non fa che continuare a pronunciare senza sosta quel monotono bip-bip-bip.
Le palpebre incollate l'una all'altra, tanto da convincermi di aver usato il tubetto di vinavil la sera precedente, invece della nivea visage anti-occhiaie/prevenzione rughe per pelli nonpiùggiovanissime. In preda ad episodi vari di art-attack improvvisi, non dovrebbe destare poi troppo stupore il fatto che nel mio bagno ci sia una confezione di colla accanto alle creme di bellezza. "Devo chiamare qualcuno che mi porti in ospedale al più presto, mi sono spalmata la colla sugli occhi..." Cos'era che scrivevano sulle confezioni di cose vagamente pericolose e corrosive? In caso di contatto con gli occhi, lavare immediatamente e abbondantemente con acqua e consultare uno specialista. Ecco una buona scusa per non andare al lavoro. Nell'impeto di comporre il primo numero di telefono che mi viene in mente, apro di getto gli occhi per prendere il cellulare. Nel farlo non posso fare a meno di rendermi conto che erano solo innocenti caccole mattutine a tenere serrate le mie palpebre.
Alle sette e mezza sono finalmente operativa. Operativa, non vitale. Operativa abbastanza da riuscire ad abbinare perfettamente maglia, gonna, bigiotteria, calze e stivali. Ma di una meccanicità spaventosa. Visto che non c'è abbastanza tempo per truccarsi, inforco velocemente i miei enormi occhiali neri, grazie ai quali mi sento così figa e sicura di me stessa da convincermi di essere Trinity ogni mattina. E nella nonchalance di una Trinity de noantri indosso il mio bellissimo trench nero, chiudo la porta alle mie spalle lasciando svolazzare decisa la coda del cappotto, poi guardo le scale. Le guardo intensamente. Le fisso nel loro vortice ipnotico. E nella mia solita invidiabile nonchalance di supereroina, faccio questo sforzo sovrumano di premere il bottone dell'ascensore per scendere due rampe di scale.
La macchina che fa fatica ad accendersi.
I semafori eternamente rossi. Code in prossimità del raccordo, dicono alla radio.
I suv che sorpassano alla mia destra. Le bionde isteriche in smart che compongono soavi armonie di clacson.
Tamponamento. Di nuovo...
La mia assicurazione se ne va alle Hawaii tutti gli anni grazie ai miei frequenti tamponamenti.
Ma la fantastica nonchalance che mi contraddistingue mi permette di mantenere la calma anche in cotali situazioni di simpatica imprevedibilità.
Ho sentito dire che statisticamente nelle ore di punta, specialmente in casi di banali incidenti stradali, ci sia una concentrazione di bestemmie nell'aria tanto fitta da non essere minimamente paragonabile ad altri momenti della giornata. Neanche quando mignolo del piede e spigolo del comodino si incontrano bruscamente al buio.
Con un'ora di ritardo giungo infine in ufficio.
Grondante di sudore e con quei tipici spasmi da supereroina super atletica, in un disperato tentativo cerco di giustificarmi balbettando di fronte al capo "colla...occhi...traffico...incidente..."
Nonchalance di Trinity, dove diavolo sei quando ho bisogno di te??
Mi congeda con un'occhiataccia.
Quattrocentoventitré e-mail non lette. Outlook che si blocca. Internet Explorer che non parte. Il telefono che squilla e che vagamente ricorda il bip-bip-bip delle sette meno un quarto.
Mucchi di carta caoticamente sparsi sulla scrivania. Essendo lo spessore medio di un foglio A4 pari a circa 0,15 mm, questo significa che la mia pila di 30 cm contiene approssimativamente 2000 pratiche da sbrigare. Simple math for dummies.
Indosso la mia maschera a trentadue denti e gli occhiali da vista, mi rimbocco le maniche.
Pausa pranzo, finalmente. Quella sensazione di temporanea libertà paragonabile solamente a una campanella della ricreazione.
A mensa, con estrema disinvoltura mi siedo di fronte al figo del terzo piano, ci scambio due chiacchiere, un caffé, una sigaretta, un paio di battutine becere per allentare lo stress. Per una donna single c'è sempre una buona occasione per flirtare, anche sul luogo di lavoro.
Nel bel mezzo del mio flirt, mi accorgo improvvisamente di non aver messo neanche un accenno di trucco.
Nemmeno il fondotinta per coprire quella coppia di brufoletti impertinenti sulla guancia.
Qualcuno mi spieghi per quale oscuro motivo una donna di trent'anni dovrebbe ancora stare a combattere le guerre puniche con i brufoli. Forse per sentirsi ancora un'adolescente in balia delle tempeste ormonali? Ebbene, mi sarei anche accontentata di mantenere le tette sode di una decina d'anni fa, potendo scegliere.
Presa dal panico, fingo un improvviso malessere e con lo sguardo basso torno alla scrivania dove i miei 25 cm di pratiche mi attendono impazienti battendo il piede.
La mia seconda campanella della giornata suona alle diciassette, quando la collega della scrivania accanto lascia letteralmente cadere la penna a terra e, giusto il tempo di chinarmi per aiutarla a raccoglierla, mi accorgo che si è già dileguata.
Un scenario stradale simile a quello mattutino mi si impone nuovamente davanti con arroganza, ma la voglia di fare mille cose al mio ritorno a casa è tanta e mi sento carica, dannatamente carica. Piena di energia, idee e positività.
Allora vado velocemente a fare la spesa, litigo col vicino di casa mentre salgo le scale, preparo la cena, apro al volo facebook e itunes per tenermi compagnia, due coccole al gatto, lavo i piatti, telefonata amarcord dalla mamma, un bel bagno rilassante e... finalmente ora ho tempo per me stessa!
Guardo l'orologio con la coda dell'occhio, ore mezzanotte e quarantadue.
...
Questa sveglia è impostata per 6 ore e 3 minuti da ora.
Thank God I'm Single.